lunedì 30 novembre 2009

Le retroguardie svizzere


In Svizzera non si potranno più costruire minareti, le torri delle moschee.
  Lo ha deciso un referendum

Il ministro svizzero della Giustizia, Evelyne Widmer-Schlumpf si affretta a scusarsi con l’UE spiegando che la scelta dei suoi concittadini "non è contro la religione islamica, ma contro i minareti come edifici”.

Un tentativo disperato.

Mutata mutandis, sarebbe come fare un referendum in Italia del tipo “siete favorevoli (o contrari) a posizionare in tutti i luoghi pubblici un crocifisso come oggetto di arredamento?” e poi cassare l’esito popolare come una banale scelta estetica.

Ovviamente le considerazioni del ministro Widmer-Schlumpf avrebbero senso unicamente in un mondo privo del concetto di simbolo, dove ogni cosa rimanderebbe unicamente a se stessa. Un mondo impossibile, insomma.

I vescovi elvetici e romani si mostrano contrari. "Noi cristiani non possiamo accettare una logica di esclusione”. E per non escludere proprio nessuno, ruggiscono anche contro chi propone di togliere il crocifisso dalle aule della scuola statale.

Il nostro ministro dell’interno Maroni non se ne fa scappare una, quindi plaude all’esito referendario e ribadisce che è “utile ascoltare il popolo”. Qualsiasi cosa significhi. E Castelli, per non essere di meno del suo collega di partito, lancia l’illuminante idea di mettere una bella croce sulla bandiera italiana. Chissà cosa ne pensa il Senatur.


Stefano Rodotà su Repubblica dell’11 novembre: 

“E’ difficile entrare in tempi nuovi quando si è portatori di identità forti, individuali e di gruppo, quando è intensa la consapevolezza della tradizione alla quale si appartiene. Il nostro è proprio uno di quei passaggi d'epoca in cui le identità sfidate tendono a reagire chiudendosi in se stesse, divenendo più aggressive: locale contro globale, tradizione contro cambiamento, radici contro trasformazione, unicità contro diversità. […] “

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