domenica 25 ottobre 2009
Marrazzo e l'ombra della "dossierocrazia"
Formare il giudizio su di un politico scollegando la sua più intima vita privata da quella pubblica potrebbe essere l'unico antidoto alla deriva scandalistica della politica italiana.
Lo scenario che ci si potrebbe prospettare di fronte è quello di una lotta politica nella quale i dossier sulla vita privata, le soffiate sulle alcove transgender, gli spionaggi, vengano utilizzati come armi per colpire a morte l'avversario.
Poniamo caso che si venga a sapere che un politico frequenti transessuali in rapporti extraconiugali. Poniamo caso anche che il politico in questione sia un ottimo amministratore della cosa pubblica e che nella vicenda non risultino profili penali.
Perché mai si dovrebbe dimettere dal ruolo che ricopre? Credo che non avrebbe senso.
Oltretutto, se un politico si dovesse ritirare dalla scena ogni qual volta spunta un dossier o un filmato (vero, verosimile o fasullo) ci troveremmo di fronte ad una estrema ricattabilità e fragilità del sistema.
Lo scenario che ci si potrebbe prospettare di fronte è quello di una lotta politica nella quale i dossier sulla vita privata, le soffiate sulle alcove transgender, gli spionaggi, vengano utilizzati come armi per colpire a morte l'avversario.
Poniamo caso che si venga a sapere che un politico frequenti transessuali in rapporti extraconiugali. Poniamo caso anche che il politico in questione sia un ottimo amministratore della cosa pubblica e che nella vicenda non risultino profili penali.
Perché mai si dovrebbe dimettere dal ruolo che ricopre? Credo che non avrebbe senso.
Oltretutto, se un politico si dovesse ritirare dalla scena ogni qual volta spunta un dossier o un filmato (vero, verosimile o fasullo) ci troveremmo di fronte ad una estrema ricattabilità e fragilità del sistema.
martedì 6 ottobre 2009
Tiburtina, estetica decadente sotto PM10

Una città sporca ti allontana, difficile entrarci in contatto.
Disfacimento e decoro, alienazione e umanità: si alternano scomposti, impari, stanchi.
Questa notte prima di tornare a casa sono passato dal kebabbaro qui sotto. Dentro il locale – un magazzino sudicio di pochi metri quadri – fa un caldo assurdo. Mentre il signorone egiziano mi taglia la carne e si asciuga la fronte con l’avambraccio entrano due ragazzini zingari e si mettono in fila per essere serviti.
Lo sguardo del kebbabbaro cambia in un secondo. Gli occhi spalancati. Taglia la carne senza neppure guardarla: tiene lo sguardo sui due ragazzetti e non appena finisce di tagliare la carne per il mio kebab gli grida forte: “E allora? Ce li avete i soldi? I soldi, capito?!”, e allunga la mano verso loro strofinando l’indice e il pollice.
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